Autonomisti e 5stelle all’Ars insieme per rilanciare gli enti per la beneficenza in Sicilia. Un testo di legge a firma di Roberto Di Mauro e Angela Foti è pronto a nascere.
Sono tre i pilastri del ragionamento che sta per vedere la luce. Innanzitutto l’integrazione socio-sanitaria, con la quota che dovrebbe essere a carico delle ASP, che spesso non viene liquidata. Le convenzioni non verrebbero fatte come succede adesso tra Comuni e strutture residenziali, ma direttamente con le aziende sanitarie che prendono parte direttamente alle convenzioni, assumendo direttamente un impegno contrattuale, senza costringere gli enti locali a pesanti esborsi sulle somme da anticipare. Un modo indiretto, quindi, per trasferire risorse agli IPAB.
In secondo luogo, la costituzione di un fondo gestito dall’IRFIS sulla falsariga di quello per ripianare i debiti degli enti lirici. Anche per le strutture sociali e le cooperative sarebbe possibile accedere a questa dotazione che verrebbe integrata di circa tre milioni di euro.
Infine, prevista una norma sul patrimonio che rischia il depauperamento, prevedendo che una quota di quello indisponibile possa anche essere dismesso per destinare una quota al ripianamento dei debiti.
Era il 18 marzo del 2015 quando la Regione, per bocca dell’assessore di Crocetta, Bruno Caruso annunciava in finanziaria l’inserimento di una norma-ponte sugli IPAB siciliani, una soluzione di transizione per accorciare le distanze con le difficoltà economiche, che già da un anno non avevano ricevuto i contributi da parte della Regione.
Non se ne fece nulla e inoltre, per un altro anno da quella data, le somme da parte della Regione furono azzerate.
La riforma mancata invece condotta e non conclusa da Gianluca Miccichè, assessore centrista della giunta politica di Crocetta, nella seconda parte della legislatura, prevedeva la trasformazione in aziende degli enti, distinguendo tra quelli in possesso di specifici requisiti e gli altri che avrebbero dovuto adottare piani triennali di adeguamento. Era inoltre stabilito un piano di ripianamento dei debiti con piani quinquennali di rientro, finanziati con un fondo la cui ripartizione sarebbe stata determinata dall’assessorato. Un comma a parte era riservato a nuovi servizi con un’attenzione mirata all’accoglienza dei migranti minorenni non accompagnati, servizio per il quale il ministero aveva stanziato all’epoca 52,7 milioni di euro. Anche in quel caso il naufragio fu totale.
I debiti del settore superano i 40 milioni di euro. Per il triennio 2016-2018, il fondo di funzionamento prevede una dotazione di 5 milioni, ma ad ogni finanziaria ritocchi e rimodulazioni hanno aggiornato il capitolo delle assegnazioni.