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L’arretratezza della “forma mentis tecnologica”

lunedì 29 Novembre 2021

Ci lamentiamo tanto – e vorrei ben vedere! – dell’enorme, inaccettabile, arretratezza tecnologica che alberga nel nostro Paese: una forma di chiusura che, in maniera assolutamente inevitabile, si ripercuote su tantissimi aspetti del nostro vivere quotidiano, dalla burocrazia alla lentezza generale di evasione di pratiche e atti vari.

A ragion dovuta, però, credo che, di base, la vera arretratezza sia quella della “forma mentis”: è arretrato il modo di pensare e di agire che, se fosse davvero diverso, renderebbe più celere e motivato l’adeguamento tecnologico conseguente.

A riprova di questa mia tesi, voglio raccontarvi l’assurda esperienza vissuta da un amico, qualche giorno fa: persosi nei meandri burocratici di richieste e carte bollate, si rende conto, dal suo estratto conto contributivo, della totale mancanza di alcuni anni di contribuzione. Si reca, così, presso un CAF che spiega la procedura da dover iniziare: il povero amico – che, come potete ben capire, ha la sua età! – si vede quindi costretto a dover iniziare una trafila gigantesca di telefonate ed appuntamenti utili a far notare all’azienda, per la quale aveva lavorato tantissimo tempo prima, la mancanza in questione. Passano i giorni e l’azienda non da risposte: dopo non si sa quante telefonate e minacce legali varie, l’azienda, finalmente, restituisce un modulo, il cosiddetto “SA RETT”, da riconsegnare al CAF.

La persona in questione, confidando nei potenti mezzi che la tecnologia ci mette, ormai, a disposizione, pensa che sia bastevole inviare via mail, al CAF, la documentazione ottenuta con così tanta difficoltà, ma qui arriva la sorpresa: l’INPS risponde nuovamente via mail indicando che il documento va presentato, brevi manu, in originale presso la sede cittadina.

Il nostro amico, quindi, stremato e sfiancato, si vede costretto a recarsi presso la sede INPS di competenza: in tempi di COVID sarebbe più logico pensare che questo tipo di operazioni si possano comodamente svolgere online, e invece no. L’ufficio di competenza presso il quale deve presentare la documentazione, infatti, non prevede di poter prenotare un appuntamento, e quindi – dopo un viaggio della speranza in piena zona blu, con il parcheggio a quasi due kilometri di distanza e i mezzi pubblici in ritardo – il nostro moderno eroe si reca presso la sede INPS indicata, ritrovandosi in mezzo a migliaia di persone con i medesimi problemi.

Se pensate che il nostro amico ne abbia già vissute troppe, continuate a leggere: qualche giorno prima, il “Contact Center” dell’INPS, ovvero l’assistenza telefonica, invita il nostro amico a recarsi presso lo “sportello di prima accoglienza”, che non prevede la possibilità di prendere appuntamenti. Neanche a dirlo, centinaia di persone si ritrovano in coda con le medesime necessità, e si è costretti a prendere il turno in loco. Finalmente, quando il turno del nostro amico arriva, ecco la beffa finale: costernato, l’operatore è costretto, laconicamente, ad ammettere che “nessuno dei terminali funziona e ci sono problemi alla rete, quindi non sappiamo che fare, abbiate pazienza!”

Passa un’ora, passano due ore, e finalmente la situazione si sblocca: al nostro eroe in lotta con la burocrazia viene chiesto di compilare decine di documenti, moduli, scartoffie di ogni tipo. Dopo quasi quattro ore riesce a venirne fuori, un po’ malconcio ma tutto sommato in piedi. La sede di appartenenza, adesso, provvederà ad inviare gli atti acquisiti all’altra sede e al reparto competente, per dar seguito alle pratiche. A conti fatti, insomma, siamo di fronte al proverbiale “Ufficio Complicazioni Affari Semplici”: non sarebbe stato più veloce e diretto inviare una PEC al comparto competente anziché passare da diecimila intermediari? Boh.

Ci provo pure a mantenere la calma, ma non vi garantisco di poterci riuscire: per quale motivo, nel 2021, quasi 2022, tutta questa trafila burocratica non è virtualizzabile, o per meglio dire dematerializzabile? Per quale motivo costringiamo ancora la gente a mettere in atto sequele burocratiche vecchie di sessanta anni? Cosa ostacola l’adeguamento tecnologico e burocratico che in altri paesi è una realtà consolidata da anni?

A tutte queste domande c’è una sola risposta: la “forma mentis”. Ci portiamo ancora addosso le nozioni acquisite dalle vecchie generazioni, figlie di quella “burocrazia analogica” fatta di timbri e carte bollate, di uffici ed impiegati con gli occhiali sulla punta del naso, che mi ricordano tanto la famosissima scena dei timbri vista in “Totò cerca casa”, del 1949. Non serve parlare di cambiamenti tecnologici e di possibilità interattive se ancora abbiamo ritrosia ad utilizzare la PEC e lo SPID, o se si pretende che i documenti vengano presentati di persona agli sportelli: è il ragionamento che sta alla base della burocrazia che andrebbe cambiato, incentivando la firma elettronica digitale, la posta elettronica certificata, e tutti quei mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione e che renderebbero ufficiale un documento anche senza la necessità di doverlo presentare in originale. Tutto questo, inoltre, assume una doppia valenza se ci ricordiamo che siamo in tempi di pandemia, e gli assembramenti, seppur contingentati, seppur controllati, seppur greenpassati, andrebbero ugualmente evitati.

Non riesco a spiegarmi se è una questione di cambiamento generazionale, ma trovo assurdo pensare che già tante operazioni siano realizzabili, in autonomia, dalla propria area personale dell’INPS, ma ancora troppe richiedono una presenza in prima persona, come dimostrano le tante, tantissime, troppe persone presenti presso le sedi.

E sia chiaro: non è un attacco all’INPS. Ho preso questo esempio perché vede protagonista questo ente, ma potrei fare altri esempi simili con altri enti, quindi niente di personale.

Sarebbe necessario, insomma, entrare mentalmente in un nuovo modo di agire e di pensare, e se tutto questo non avviene, abbiate almeno la buona creanza di non lamentarvi, perché, di fatto, siete voi stessi parte attiva del problema, e, nel 2021, assistere, inerti, a tale stato di cose non ha alcuna giustificazione.

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