Esattamente un mese fa, il 14 febbraio poco prima di mezzanotte, il sindaco di Messina Cateno De Luca si è dimesso. Contestualmente ha “investito” della carica di candidato sindaco Federico Basile che, per l’appunto da un mese, è in campagna elettorale.
Ma si sa, noi messinesi siamo indolenti per natura, pigri, ci piace contemplare lo Stretto e bearci di quando eravamo centro del Mediterraneo. Così da un mese Cateno De Luca corre, come si dice in gergo, “in splendida solitudine”.
Centrodestra e centrosinistra, nonostante l’annuncio di dimissioni risalisse a dicembre, sono impegnati nell’affannosa ricerca di un candidato ideale da mettere in campo alle elezioni di fine maggio (tra due mesi). Senza fretta, con un occhio a Messina e un altro agli equilibri di Palermo e Roma.
UN MESE E’ GIA’ PERDUTO
Già, si dirà, per Cateno è facile perché ha una visione monocratica del mondo e della politica. Ha scelto il delfino e al più ha dovuto litigare con sé stesso e le sue personalità multiple. Sì, ma a prescindere da De Luca, in una città normale ci dovrebbe essere la fila dei candidati a sindaco tra i quali scegliere il migliore e ci dovrebbe essere se non la frenesia almeno la consapevolezza che un mese di campagna elettorale è già perduto (con tanto di potenziali elettori e candidati al consiglio comunale e nei quartieri).
Ma Messina è una città profondamente borghese, legata a vecchie concezioni della politica e dell’elettore, considerato quasi un “soggetto” da chiamare all’uopo, anche due giorni prima del voto e assai incline a decidere per il vicino di casa, l’amico di famiglia, il compagno di scuola, etc.etc.
MANCA LA CLASSE DIRIGENTE
Da almeno 15 anni poi non c’è stato il rinnovo né la formazione della classe dirigente. Mancano i numeri 2 e spesso anche i numeri 3. I leader non hanno cresciuto, come invece si faceva una volta, i “successori”, i delfini, i bracci destri e sinistri, qualunque persona potesse avere l’entusiasmo, la passione e la competenza di spendersi per ruoli di vertice.
SALTATA UNA GENERAZIONE
Il timore di crescere chi, prima o poi, può fare ombra, ha prevalso. E anche quando c’è, si fa finta di non vederlo. Scarsa lungimiranza, egoismo, visione parentale della politica, incapacità di seminare. E’ stata saltata un’intera generazione di potenziale classe dirigente esattamente come Messina ha visto andar via un’intera generazione di cervelli e giovani talenti.
I NO E I CANDIDATI LORO MALGRADO
Così siamo arrivati al paradosso che nel centro sinistra si è perso un mese nell’affannosa ricerca, come scrivevo due settimane fa del “papa straniero” o del papa che è nato a Messina ma lavora e ha successo fuori e lo si invita a tornare in patria. Ma dai papi stranieri c’è stata una raffica di no. Pertanto gli ultimi giorni sono stati dedicati nel provare a convincere chi non vuole assolutamente candidarsi. Insomma alla ricerca di candidati loro malgrado. Il che è una sorta di harakiri annunciato. Franco De Domenico e Valentina Zafarana hanno detto no un paio di volte (il primo lo ha detto almeno 10), Gaetano Giunta non ha nessuna intenzione.
IL RIMPALLO
Allo stesso modo nel centro destra si è perso un mese per convincere la parlamentare azzurra Matilde Siracusano che non ne vuol sentire e si chiede perché mai, visto che sta lavorando bene a Roma, farle interrompere il percorso per portarla nelle secche a Messina (e forse è proprio questo il motivo). Così gli 11 alleati si son guardati (dopo 3 settimane) e si son detti: e ora che facciamo? Beppe Picciolo ha colto la palla al balzo candidando Maurizio Croce ma ci vuole un partito per intestarselo e Forza Italia non intende. Così è finita a palla avvelenata. Nel frattempo la Lega lancia il deputato nazionale Nino Germanà.
Il guaio è che siamo arrivati al punto di dover cercare con la lanterna i candidati e persino a provare a convincerli con missioni romane o palermitane. Il guaio è che mancano le seconde file alle quali attingere per i ruoli di primo piano amministrativo. Sono state “neutralizzate” sul nascere e quando ci sono si fa finta di non vederle.
SCOLLAMENTO DALLA REALTA’
Un tempo la candidatura a sindaco era una cosa per la quale azzuffarsi, ma se non si è coltivata una classe dirigente è normale che poi vai in cerca di chi, male che vada, sarà un candidato a metà, col cuore altrove. Se ti chiudi nei palazzi e non esci in mezzo alla gente per capire cosa accade tra un mandato e l’altro, se frequenti più Roma e Palermo che Castanea, Giampilieri e il viale San Martino, è normale che alla vigilia delle elezioni ti senti un marziano.
MEZZA CON PANNA
Messina è la città dove tutto è a metà. Persino le opere pubbliche spesso restano incomplete per decenni. Messina è la città della mezza con panna, mezza birra, mezzo freddo, mezza teglia di focaccia.
Adesso la nostra creatività ci ha portato a sperimentare la mezza campagna elettorale (perché l’altra mezza è volata via in chiacchiere) e, quando sarà, il mezzo candidato sindaco, convinto di malavoglia ad una carica che, tra le contumelie di Cateno De Luca, le insidie di una poltrona in cui l’abuso d’ufficio scatta anche se hai respirato e le risorse sono al lumicino, è sempre meno ambita a tutte le latitudini.