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Religione e territorio

Un “amaro” Montenegro per l’Eparchia Piana degli Albanesi

venerdì 23 Giugno 2023

Un “amaro” Montenegro per l’Eparchia di Piana degli Albanesi. La battuta, considerato il cognome del porporato che il Papa ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, è d’obbligo e non riguarda la persona ma le aspettative deluse di clero e fedeli della diocesi siciliana di rito bizantino.

Ma andiamo con ordine. Lunedì 19 giugno a mezzogiorno spaccato il consueto Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede diffonde dure righe secche: “Il Santo Padre ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia di Piana degli Albanesi S.E. Rev.ma il Sig. Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo emerito di Agrigento”. Nessuna convocazione del clero, bocche per lo più cucite e solo nella giornata di Martedì arriva un messaggio del nuovo Amministratore Apostolico all’Eparchia. Tutti indizi che fanno pensare che l’ex Arcivescovo di Agrigento sia stato nominato a Piana degli Albanesi perché Oltretevere non è ancora chiaro in che direzione ci si debba muovere per una delle realtà più importanti in Italia nell’ambito delle Chiese cattoliche di rito orientale.

Di certo c’è che finisce l’era tormentata di monsignor Giorgio Demetrio Gallaro, che dal 2020 reggeva l’Eparchia come amministratore apostolico, dopo esserne stato l’Eparca dal 2015 e dopo una breve esperienza come segretario del Dicastero vaticano per le chiese orientali. Così nel 2016 il vaticanista Sandro Magister nel suo blog raccontava il tormentato rapporto tra il vescovo Demetrio e la comunità arbëreshë :

“Siciliano, canonista, già di rito latino prima di emigrare temporaneamente in America, Gallaro non parla l’albanese, non ama il greco e cerca di imporre l’uso dell’italiano. Incurante delle prescrizioni liturgiche, va a celebrare anche nelle chiese latine dell’eparchia, indossando paramenti latini. Ha decurtato le solenni liturgie bizantine della settimana santa, per lui forse troppo prolisse, ma alle quali la popolazione è molto attaccata. Sta man mano allontanando dalla cittadina capoluogo dell’eparchia i preti di rito greco, alcuni sposati e con prole, rimpiazzandoli con preti latini. Anche alla Martorana di Palermo, su cui ha giurisdizione, ha interrotto la storica sequenza dei “papàs” italo-albanesi. Contro di lui va crescendo una comprensibile protesta. Il consiglio presbiterale dell’eparchia e il collegio dei consultori si sono dimessi quasi in blocco”.

Un periodo non facile per la comunità albanese che oltre all’attacco alle sue tradizioni temeva anche molto il progetto che mirava a creare una  “Chiesa cattolica dei bizantini in Italia” unificata, che avrebbe dovuto mettere assieme fedeli di Chiese con tradizioni proprie, con calendari differenti, chi gregoriano e chi giuliano, e persino con riti e lingue diversi. Un progetto che avrebbe annichilito la tradizione e la comunità arbëreshë.

Così a Piana degli Albanesi molti avevano salutato con sollievo la partenza di mons. Gallaro per Roma conseguente alla nomina di segretario del Dicastero per le Chiese orientali e il suo passaggio ad Amministratore apostolico che secondo la prassi preludeva alla nomina di un nuovo Eparca, possibilmente proveniente dal clero locale o dall’eparchia sorella di Lungro.

Lunedì però è giunta la doccia fredda: prolungamento dell’amministrazione apostolica con un cardinale di rito latino e soprattutto nessun nuovo vescovo di tradizione arbëreshë o comunque di rito greco con lo spettro di un lungo periodo senza Eparca come avvenne tra il 1937 e il 1967 quando furono amministratori apostolici di Piana gli arcivescovi di Palermo i cardinali Luigi Lavitrano ed Ernesto Ruffini. 

La decisione ha creato un comprensibile malumore a Piana e tra i suoi fedeli – a titolo esemplificativo il “no comment” sui social di un fedele illustre come l’ex assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà –  tanto che il cardinale Montenegro, molto apprezzato dall’attuale Pontefice, si è affrettato a diffondere un messaggio dove compare per ben undici volte la parola “pace”. Un evidente tentativo di non essere amaro e soprattutto indigesto.

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